Possiamo definire la teoria
della complessità come lo studio interdisciplinare dei sistemi
complessi adattivi e dei fenomeni emergenti ad essi associati. Poiché
si parla di «sistemi complessi», potrebbe sembrare ovvio il fatto che la
complessità sia una proprietà oggettiva e intrinseca di certi sistemi. In
realtà, secondo i più eminenti teorici della complessità, la cosiddetta
complessità “di un sistema” non è tanto una proprietà di tale sistema,
quanto piuttosto una proprietà della rappresentazione scientifica
attualmente disponibile del sistema, cioè del modello del sistema,
o più esattamente, poiché è sempre l’osservatore del sistema a
costruirne un modello, una proprietà del sistema costituito da: (a)
l’osservatore che costruisce il modello e (b) il modello stesso (Le
Moigne, von Foerster, Varela). Adottare questa prospettiva è un passo
ardito, perché significa abbandonare l’oggettivismo della scienza
classica, cioè la concezione dell’essere come insieme di oggetti
manipolabili e misurabili, sottoposti al dominio teoretico e pratico del
soggetto umano, e assumere un punto di vista relazionale e
dialogico nei confronti dell’essere (Morin, Stengers, Bateson). Da
questo nuovo punto di vista, per «sistema complesso» si deve intendere un
«sistema il cui modello attualmente disponibile, costruito
dall’osservatore del sistema, è complesso».
La visione di complessità
suggerisce un approccio al problema della conoscenza radicalmente
diverso da quello tradizionale. In sé stessa non è una teoria e forse
neppure un paradigma definito, ma è piuttosto l’esigenza di
utilizzare strategie di pensiero multi-dimensionali, un frame-work
concettuale generale che riguarda la necessità di un utilizzo dinamico di
modelli diversi per connettere a vari livelli teorie, dati, problemi e
significati. Non c'è più una realtà esterna fissa da rappresentare
mediante l'uso mono-dimensionale di un modello unico ricavato da
principi di partenza assoluti secondo uno schema lineare,
riduzionista e dicotomico. Piuttosto, il sistema della conoscenza è
caratterizzato da un processo di auto-organizzazione delle informazioni
che procede per successivi anelli di retro-azione dai risultati ai
principi attraverso una pluralità di modelli, modificando via via gli uni
e gli altri, in una progressiva "costruzione" della realtà. Alla
definizione di questa linea di pensiero che intreccia risultati
sperimentali e problematiche epistemologiche hanno dato un contributo
decisivo le ricerche di W.Mc Culloch, J. Piaget, H. Von Foerster, G.
Bateson, H. Maturana, F. Varela ed H. Atlan.
L'epistemologia naturale
costruttivista è stata messa a punto separatamente da Gregory Bateson e,
all'incirca nello stesso periodo, da Humberto Maturana e Francisco Varela,
nota ormai come Teoria di Maturana-Varela-Bateson. Al cuore della teoria
c'è l'idea che la vita e la cognizione seguono lo stesso tipo di processo
e condividono dunque la stessa natura: una struttura che apprende è una
struttura viva ed è viva finché apprende.
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