Anche
quest’anno le statistiche ufficiali lo confermano: il numero delle
separazioni è in aumento e quello dei matrimoni in diminuzione, così
come
diminuisce
anche quello dei divorzi. La vita di coppia sembra attraversare
difficoltà
che spesso i partner non riescono a gestire, se non con la decisione
di dare
un taglio a ciò che un tempo sembrava un sogno ad occhi aperti.
Ma
cosa sta
dietro a questi momenti di inevitabile crisi della coppia?
Come riuscire
a
comprendere che esistono delle fisiologiche fasi evolutive che la coppia
attraversa?
Un
grosso contributo scientifico in questo senso ci è dato dal lavoro di E.
Bader e
P. Pearson nel loro libro “In Quest of the Mythical Mate”
(1988).
Il libro
risulta particolarmente interessante non solo perché fornisce un modello
evolutivo
della coppia, ma anche perché focalizza i “momenti chiave”
nella
storia di due persone che hanno deciso di scommettere su una vita insieme,
che
determinano sofferenza, e quindi che possono beneficiare di un
trattamento
psicoterapeutico. Per chi opera quindi in campo psicologico con
focalizzazione
a questo tipo di problematica, il libro costituisce un valido
strumento
di comprensione del fenomeno, e di trattamento.
Nel
loro modello, gli autori ipotizzano che le fasi evolutive della coppia
La
coppia inizialmente si trova in una fase simbiotica,
poi via
via di differenziazione, di sperimentazione, di riavvicinamento e di
mutua
interdipendenza. Non sempre l’evoluzione riesce a completarsi, e
questo
significa l’insorgenza di problematiche di coppia più o meno
disfunzionali,
o la
rottura del rapporto. II processo comunque comporta tempi
molto
variabili da caso a caso.
Nella
fase iniziale di innamoramento/simbiosi, che può essere anche
molto
lunga, il partner è visto nel suo aspetto migliore, i suoi pregi esaltati
e i suoi
difetti minimizzati. Anche quando il momento “magico” tende come
è
inevitabile ad affievolirsi di intensità, rimane una visione dell’altro
in
parte
idealizzata, al punto che vale la pena fare delle rinunce di cose
importanti
per sé,
delle proprie capacità di pensiero, dei propri bisogni di apertura
verso il
mondo esterno, di realizzazione personale nei vari campi, in nome
di
qualcosa (il rapporto) e di qualcuno (il partner), che rappresentano
ancora
“la
nostra meta”, il nostro completamento. Vale la pena non mettere in
discussione
cose anche importanti per sé, nel timore che qualcosa di troppo
importante
venga perso, nel timore che il mio chiedere possa causare la rottura
di un
giocattolo di cui non potrei fare a meno.
Nel
tempo però, sia spontaneamente che per l’insorgenza di fatti aggiuntivi
esterni,
come l’arrivo dei figli e i sacrifici ad esso connessi, inevitabilmente
avviene
un drastico ridimensionamento. E’ evidente che
nessuna
coppia può mantenere all’infinito l’intensità dello stadio iniziale
La felicità del momento magico dell’innamoramento sembra svanire,
lasciando
il posto ad una più dura realtà, fatta di sofferenza e disillusione.
“Non sono più l’unico ed il solo per te, che sembri sempre meno
desideroso
di essere un tutt’uno con me; e tu sembri sempre più così differente
dall’immagine ideale che ho visto all’inizio, quando ho pensato
che avevo
finalmente raggiunto la felicità senza fine.”
Queste
potrebbero essere le parole,che in sintesi potrebbe riassumere chi si
sente in crisi nel rapporto in questa fase evolutiva, se riuscisse a
mantenere una sufficiente tranquillità.
Più
spesso è la rabbia che prende il sopravvento e che dà origine ad una
In
pratica una coppia evolve verso lo stadio simbiotico-differenziante
quando
uno dei partner si sposta al di là dell’adattamento simbiotico, e
comincia
l’auto-riflessione.
Qui incomincia a pensare in maniera indipendente
e vi è
uno spostamento verso l’introspezione per una ricerca del senso di
sé. Il
partner non viene più visto come la sorgente dell’auto -consapevolezza.
Come risultato
le differenze diventano molto evidenti. L’intensità può essere
variabile,
ma in ogni caso è la prima volta che il sistema diventa sbilanciato.
Lo sbilanciamento è creato dal fatto che una persona fa un cambiamento
nello sviluppo prima che l’altro sia pronto a che tale cambiamento
avvenga.
La crisi di questa fase prende contorni naturali quando i due partner sono
abbastanza
maturi e privi di grossolane patologie del proprio precedente
processo
di individuazione-separazione. Riesono così ad accettarla e superarla
tramite
una
aperta confrontazione, in quanto i partner vedono nel manifestare la
propria
disillusione
verso l’altro un qualcosa di non troppo pericoloso. Il parlarne
francamente
consente di riorganizzare il rapporto su basi più larghe e
per
diversi aspetti più soddisfacenti.
Ma le difficoltà nascono quando il processo prende inizio in uno dei due
partner,
prima che l’altro sia pronto, quando l’altro farà tutti i tentativi
in
suo
possesso per mantenere lo status quo.
Le
difficoltà sono accentuate dal fatto che, questo grosso cambiamento
viene
vissuto non come un naturale processo evolutivo, ma come un deterioramento
del
rapporto. Si pensa di avere sbagliato persona, o di aver sbagliato
ad
impostare il rapporto.
In
quest’ottica non deve meravigliare che molti
decidano
di instaurare una relazione con un’altra persona, per rivivere il
momento
magico dell’innamoramento, convinti che questa volta andrà meglio.
Nella
celebre opera di Ingmar Bergman “Scene di vita coniugale”, viene
mirabilmente
descritta una classica evoluzione del rapporto di coppia dove
le
difficoltà nel capire e poi gestire il processo di passaggio dalla
simbiosi
alla
differenziazione, ne rendono particolarmente dolorosa l’evoluzione.
Marianne: “.....Pensa a quell’estate quando facemmo il giro del
mediterraneo e avevamo con noi le figlie piccole nella tua vecchia
macchinetta. E la sera rizzavamo la tenda. Ricordi quelle
notti di agosto sulla costa spagnola, quando dormivamo a cielo
scoperto, stretti tutti e quattro? E stavamo tanto caldi!”
Johan: “E’ inutile piangere sul latte versato. Le figlie crescono.
Si
rompono le relazioni. L’amore prende fine, come la tenerezza,
l’amicizia, la solidarietà. Non c’e niente di eterno e
straordinario. E’
così.”
Marianne: “A volte penso che tu ed io siamo stati come due bambini
nati con la camicia, favoriti dalla sorte e viziati; che abbiamo
perduto le nostre risorse e ci siamo ritrovati poveri,
amareggiati e stizziti. Dobbiamo aver commesso un errore da
qualche parte, e non c’è nessuno che possa dirci dov’è che abbiamo
sbagliato.”
Johan: “Ti dirò una cosa piuttosto banale. In materia di sentimenti
noi siamo degli analfabeti. E il fatto triste è che ciò riguarda
non solo te e me, ma quasi tutte le persone....”
In
questo frammento appare evidente come la fine della simbiosi è vista
come un
segno che è stato fatto qualche errore e come una evoluzione
“patologica”
del rapporto. Johan considera la maggior parte degli individui
analfabeti
in materia di sentimenti ed ha ragione.
Nel romanzo, come accade nella vita reale, il protagonista tenta di
risolvere
il suo
senso di insoddisfazione nel rapporto instaurando una relazione
extraconiugale,
che viene ad un certo punto comunicata improvvisamente
alla
moglie. La magia del nuovo innamoramento dà a lui un illusione di
aver
risolto i problemi, mentre lei cade nel più profondo sconcerto. Ma anche
il nuovo
rapporto prevede che anche lì la simbiosi non duri in eterno, e
Johan e
Marianne si ritroveranno a doversi confrontare per capire. Si ritroveranno
come
persone diverse. Hanno attraversato entrambi la valle di
lacrime
e l’hanno resa più ricca di sorgenti. Ora si inseriscono nella realtà
in
una
maniera diversa.
Infatti
la fine della simbiosi e l’evoluzione nelle fasi
successive
comporta la riscoperta di se stessi nel mondo, con tutte le possibilità
che nascono dall’essere usciti dal guscio, ed entrati più profondamente
in ciò
che la vita offre ai diversi livelli. Questo non significa la fine del
sentimento
in quel rapporto, ne tanto meno la fine del rapporto. Anzi, la accresciuta
fiducia
nell’altro, che crediamo possa esserci vicino anche senza
marcarlo
stretto, ci da la possibilità di godere in maniera più libera ed adulta
la
nostra stessa vita. Si verifica la così detta costanza dell’oggetto
amato,
la
fiducia che l’altro non andrà via o non ci tradirà per il fatto che
non lo teniamo
sotto
controllo.
La gioia di
potersi nutrire dalla relazione con l’altro piuttosto che dover
nutrire
il bisogno di non far fuggire l’altro.
Non
essere “analfabeti in materia di sentimenti” come dice Johan, è utile
per tutti ma è necessario, direi indispensabile, per chi lavora nel campo
educativo, pastorale e della relazione di aiuto.
E’ necessario sostenere i partners in crisi aiutandoli a credere in
loro, nella speranza che un rapporto di coppia veramente profondo e
soddisfacente sarà possibile anche dopo che
l’altro
appare in tutti i suoi limiti e difetti, ed anche dopo che l’altro
scoprirà
che io sono pieno di limiti e difetti.
Anche se l’altro non mi vedrà più su un piedistallo.
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